Le disparità e i pregiudizi di genere nel mercato del lavoro rappresentano un tema ad oggi molto sentito ed urgente. Per far fronte a questa situazione, l’UE ha definito una strategia con obiettivi e azioni volti a garantire, entro il 2025, la parità di genere in Europa.
Il piano nasce con l’intento di garantire pari opportunità di realizzazione, partecipazione e guida all’interno dell’organizzazione.
La Certificazione di Parità di Genere rientra all’interno della Missione 5 del PNRR: inclusione e coesione, rispetto al quale sono stati stanziati 9,81 miliardi per lo sviluppo di politiche di inclusione sociale.
Inoltre, l’Obiettivo 5 per lo Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite è specificamente dedicato al raggiungimento dell’uguaglianza di genere e dell’empowerment di tutte le donne e le ragazze.
In Italia, il PNRR inserisce la certificazione di parità come misura all’interno della Missione 5 – «Inclusione e coesione», tra le politiche per il lavoro, destinando a questa finalità 10 milioni di euro.
Con la Legge 162/2021 viene istituito l’obbligo per le aziende con più di 50 dipendenti di fornire un rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile per la parità salariale in ognuna delle professioni e in relazione allo stato di assunzioni.
Introduce inoltre una certificazione di parità di genere, che accompagni e incentivi le imprese a ridurre le ineguaglianze di genere con riferimento ai livelli retributivi (a parità di mansioni), alle opportunità di carriera nell’impresa e alla tutela della maternità nonché l’estensione del concetto di discriminazione, nella quale possono rientrare anche un’organizzazione o un orario di lavoro che svantaggiano determinate categorie di lavoratori.
Introduce inoltre una certificazione di parità di genere, che accompagni e incentivi le imprese a ridurre le ineguaglianze di genere con riferimento ai livelli retributivi (a parità di mansioni), alle opportunità di carriera nell’impresa e alla tutela della maternità nonché l’estensione del concetto di discriminazione, nella quale possono rientrare anche un’organizzazione o un orario di lavoro che svantaggiano determinate categorie di lavoratori